Armati di zappa e computer. Connessi alla rete, ma anche alla terra. La nuova vita di Lorena Turrini e Davide Rizzi, entrambi modenesi, coppia nella vita e soci in affari, riparte dai prodotti dell’orto e lambisce anche le nuove tecnologie.
Pochi anni fa i due si sono inventati un nuovo lavoro che coniuga ricerca, sperimentazione, impegno, sudore. Perché per lavorare l’orto ci vuole anche tanta energia. Sono diventati così culinary gardeners, che tradotto in italiano significa giardinieri culinari. Di fatto si sono trasformati in ortolani personali dello chef e le loro imprese sono navigabili su Culinarygardeners.com.
«Siamo consulenti e produttori di essenze vegetali per gli chef di cucina. Coltiviamo fiori ed erbe aromatiche, produciamo ortaggi e frutti ad alto valore nutrizionale: ortaggi, tuberi, radici, erbe officinali, piccoli frutti per reinventare luoghi dove riscoprire quei legami sottili ed invisibili che magicamente congiungono la terra con il cibo e la cucina», racconta Lorena. La sua infanzia l’ha passata tra le verdi vallate e i boschi dell’appennino modenese: «…questa è stata la mia università, il resto solamente studi di routine con un liceo scientifico, un’Accademia di Belle Arti, Scienze della Formazione e tanti corsi di specializzazione».
Dodici anni fa l’incontro con Davide Rizzi suo ex insegnante di basso. Poi l’approdo alla terra e il cambio di registro nella vita quotidiana. «La nostra professione valorizza l’orticoltura e restituisce onore al cibo sulle tavole dei ristoranti».
Lorena e Davide si ispirano alla filosofia del “farm to table”, un movimento sociale nato in California e che promuove la produzione e la commercializzazione di prodotti locali nei ristoranti e nelle scuole, preferibilmente tramite acquisizione diretta.
Un lavoro itinerante, nomade per scelta. «Nell’ultimo orto abbiamo coltivato più di duecento qualità di verdure, prodotti di alta qualità. Attualmente stiamo lavorando vicino Viterbo».
Un po’ consulenti e un po’ scienziati della terra. Perché la sperimentazione si può declinare nel segno della tradizione. «Progettiamo e gestiamo anche orti e frutteti biodinamici. Amiamo esaltare le verdure di stagione nel rispetto delle tradizioni. Introduciamo nuove verdure e sapori nelle cucine, elaboriamo e stimoliamo gli chef nel loro delicato lavoro quotidiano».
Si tratta di eccellenze che arrivano dal mondo e che trovano terreno fertile anche in Italia. «Come gli alkekengi, che sono originari del Messico, appartengono alla famiglia dei pomodori e hanno un sapore fruttato. O come lo spinacio di Malabar. O ancora come i germogli, che sono eccezionali perché molto proteici e fanno benissimo», precisa Lorena.
Il loro è uno studio approfondito sull’agricoltura biodinamica avanzata, anche legato all’inquinamento, alla siccità, ai problemi della terra. Ma il cibo viene declinato pure come bellezza, oltre che come elemento alimentare. Così l’orto si contamina di arte e musica. «Abbiamo fatto concerti nell’orto e invitato pittori a dipingere tra i prodotti della terra. Facciamo anche piante tintoree: si tratta di fiori dai quali ricavare essenze colorate per la pittura. Perché l’orto è anche un’opera d’arte».
Giampaolo Colletti